L’ex presidente UCI Brian Cookson scettico riguardo al progetto di una “Superlega” nel ciclismo: “Le aziende che realizzano profitti, in particolare ASO, non li condivideranno con le squadre, come hanno dimostrato i precedenti tentativi”

Brian Cookson esprime dubbi riguardo al nuovo progetto di una specie di “Superlega” del ciclismo. Dopo che si è sparsa la notizia che Jumbo-Visma, Ineos Grenadiers e altre squadre starebbero progettando di creare una nuova struttura/competizione per cercare di ottenere una ripartizione degli introiti televisivi per non dover dipendere più solamente dagli sponsor, l’ex presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale ha voluto condividere sul suo profilo Twitter alcuni pensieri a riguardo, dimostrandosi scettico sulla riuscita di quest’idea (che al momento, comunque, sembra ancora essere in una fase iniziale). Il 72enne britannico, a capo dell’UCI dal 2013 al 2017, ha sottolineato in particolare che si riproporrebbero gli stessi problemi che in passato hanno già fatto fallire identiche iniziative di riformare il ciclismo.

“Ci risiamo – scrive Cookson – Si pianifica di formare una nuova lega per incanalare parte dei profitti degli organizzatori delle gare nelle squadre. Al di fuori dei 3 Grandi Giri e di una piccola manciata di gare di un giorno, non ci sono profitti nell’organizzare gare ciclistiche. In effetti la maggior parte delle gare fatica a coprire i propri costi. Quelle aziende che realizzano profitti, in particolare ASO, non li condivideranno con le squadre, come hanno dimostrato i precedenti tentativi di riformare il ciclismo su strada professionistico”.

“Se si vogliono coinvolgere gli “investitori” per far sì che ciò accada, da dove verrà il loro ritorno dell’investimento, dato che gli eventi redditizi non condivideranno e gli altri eventi non avranno nulla da condividere? – si chiede l’ex presidente UCI – I profitti derivano in definitiva dai consumatori che pagano per acquistare un bene. La risposta quindi è che, in un modo o nell’altro, chi vorrà “consumare” il ciclismo, cioè guardarlo in tv, online o per strada, dovrà pagare di più di quanto paga attualmente. E quello sei tu, il tifoso del ciclismo. Se esiste un altro modo per generare profitto dal ciclismo, mi piacerebbe saperlo”.

“Ciò che contraddistingue il ciclismo professionistico è che se sponsorizzi la squadra, prende il tuo nome. Pochi altri sport offrono questo. Ecco perché il ciclismo professionistico esiste da decenni in modo ragionevolmente efficace e sostenibile. È un ecosistema complesso, ma funziona. E sì, come tutti gli ecosistemi, è fragile e deve essere protetto. Come altri hanno già detto, se vuole prosperare ha bisogno di un attento equilibrio di tutte le parti che lo compongono“, conclude Cookson.

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